sabato 2 novembre 2024

News calcio del 2 Novembre 2024 e Amarcord!


Serie A, 2 gol e molti legni: la Juve torna a vincere

In vista della Champions League e del derby di Torino, la Juventus torna a passare qualche notte serena: batte 0-2 l’Udinese a domicilio e affianca l’Inter a quattro punti di ritardo dal Napoli capolista, pronta a sette giorni di fuoco prima della terza sosta stagionale per le nazionali. Al Bluenergy Stadium, nonostante qualche rischio di troppo, Thiago Motta torna a vedere una squadra capace di creare pericoli in avanti e di resistere alla narcolettica tentazione di appisolarsi nelle marcature in area di rigore. Nel primo tempo i due pali di Khephren Thuram e Kenan Yildiz favoriscono l’autorete di Maduka Okoye e il raddoppio di Nicolò Savona, poi la ripresa conferma il risultato con un paio di chiare occasioni per parte, su tutte la traversa di Lorenzo Lucca.

Serie A: Orsolini fa decollare il Bologna, secondo successo di fila per Italiano

Il Bologna inaugura l’11a giornata della Serie A con una vittoria pesantissima, la seconda consecutiva per gli uomini di Italiano. I rossoblù dominano nel possesso palla contro un Lecce in assetto difensivo, ma la sbloccano solo nel finale: Juan Miranda crossa e Orsolini incorna di testa all’84’. I felsinei vincono dunque 1-0 e salgono a 15 punti, ritrovando Lewis Ferguson: otto minuti più recupero per lo scozzese tra gli applausi del Dall’Ara.

Conte: “L’Atalanta fa la Champions, è più strutturata…”

In vista della gara di domenica contro l’Atalanta, il tecnico del Napoli Antonio Conte interviene nella sala conferenze del centro tecnico di Castel Volturno per rispondere alle domande della stampa.

Dopo la grande vittoria col Milan, c’è un’insidia mentale con l’Atalanta?
“C’è un’insidia perché è una squadra forte, che ha vinto l’Europa League battendocil Bayer Leverkusen che non so quante partite aveva di imbattibilità. E’ in Champions da anni, è una squadra che oggi va annoverata tra quelle forti, senza dubbio. Merito al club, a Gasperini che in tutti questi anni ha fatto un lavoro straordinario ed ho grande stima di Gian Piero che è stato anche mio allenatore. Quando ero alla Juve lui era tecnico della Primavera e quando avevo qualche infortunio chiedevo di giocare con la sua Primavera. Lo stimo molto, tramite il duro lavoro ha ottenuto risultati, non vinci l’Europa League se non sei forte. A livello mentale dite, ma se sottovalutiamo questa partita… magari l’Atalanta potrebbe sottovalutarla visto ciò che è successo l’anno scorso e noi non facciamo coppe mentre loro stanno facendo bene in Champions, sono strutturati per la Champions. Come vi ripeto sempre, chi non gioca coppe come noi è avvantaggio forse perché si allena anche se siamo alla terza in una settimana, ma poi è lontano dalla struttura della rosa delle squadre di Champions”.

Come sta Lobotka? Soddisfatto di Gilmour?
“Sarà pronto per la prossima, siamo nelle fasi conclusive di recupero. Non era un problemino in nazionale come qualcuno aveva etichettato, è ancora in fase di recupero e bisogna pazientare. Alla prossima sarà a disposizione. Su Gilmour non avevo dubbi, zero, ve l’ho sempre detto. Lui era un mio cruccio, meritava di giocare, poi guardavi Lobo in partita e faceva prestazioni eccezionali. Il valore di Billy lo conoscevo, sta facendo molto bene e siamo contenti di averlo perché è giovane e potrà stare tanti anni nel Napoli”.

 

 

Amarcord: Carletto Mazzone

“Sono sempre stato un cane sciolto. Mai avuto padrini, né sponsor. Mai fatto parte di lobby di potenti dirigenti, mai goduto del favore di giornalisti condiscendenti o di raccomandazioni.
Mai avuto qualcuno che rappresentasse i miei interessi, quello che oggi si chiama “il procuratore” e che va così di moda. Ho sempre viaggiato da solo, in autonomia e libertà.
Se ho ottenuto qualcosa lo devo a me stesso, alla mia determinazione e alla passione che ho messo nella mia carriera.
E sono orgoglioso di essere un grande professionista, magari non un grande allenatore, ma certamente un professionista e un uomo perbene.

 

Oggi nel calcio le partite si vincono grazie alla qualità del gioco che i calciatori più bravi e più costosi sono in grado di garantire.
I pochi che hanno tanti soldi comprano senza limiti tutti i calciatori più bravi esistenti sul mercato. E vincono i campionati.
Ovviamente spendendo a dismisura, sono sempre sull’orlo della bancarotta.
La soluzione sarebbe costruire un buon settore giovanile da cui attingere i futuri campioni: ma non c’è posto per la pazienza. Né per i tempi lunghi.
Si vuol vincere. Anzi, si deve vincere. E subito, perché lo show business così impone.

Prima i calciatori più bravi erano attaccati alla maglia, era una cosa molto seria. Oggi invece il denaro ha vinto. E comanda tutto.
Sulla psiche dei campioni del calcio, incombono pressioni fortissime: da parte dei procuratori, dei tifosi, ma soprattutto di chi investe milioni di euro e pretende risultati immediati, prestazioni continue e performance sempre al top.
E poi i calciatori pagano le conseguenze, facendo i conti con l’ansia, lo stress, la solitudine.

 

Per me allenare è stata una grande passione; rendere felici i tifosi, una missione. Ho dato tutto me stesso, è stata una bellissima avventura.
Non ho coppe in bacheca, solo tre promozioni. Ma ho tante salvezze, alcuni miracoli e il trofeo più bello: l’affetto di tutti i tifosi, dei miei giocatori e la stima infinita, umana e professionale, dei più grandi come TottiGuardiola e Baggio”.

 

Amarcord: Dino Zoff

“Se da calciatore me la sono cavata alla grande, chiudendo quando dovevo, da allenatore non sono stato altrettanto fortunato.
La parabola della mia carriera semplicemente non si è conclusa: si è interrotta.

Il calcio continuavo ad amarlo, guardavo le partite, seguivo i calciatori, individuavo talenti, schemi, idee nuove. Mi tenevo aggiornato. La passione non va in pensione.
Ma non avevo modo di metterla in pratica.
Passava il tempo e non mi arrivavano offerte. Leggevo i giornali e vedevo allenatori decisamente meno bravi di me che venivano corteggiati da squadre importanti.

C’era un problema, come dire, antropologico, culturale, alla base della mia «espulsione» dal mondo del calcio.
Me ne sono accorto tardi, l’ho capito lentamente.
La verità è che, alla fine della mia storia, io la mia partita l’ho giocata e l’ho persa. E questa è una considerazione che mi addolora ogni volta che la faccio.
Che mi gonfia il cuore di delusione.

Ho sempre considerato il calcio un insieme di valori indiscutibili: l’educazione, la crescita della persona come individuo singolo e come parte di una squadra, la lealtà e la correttezza, l’autodisciplina, la capacità di riconoscere i propri limiti e la voglia e la fatica di provare a superarli, l’affannosa ricerca dell’equilibrio tra uomo e atleta. Mentre il mondo va in tutt’altra direzione, valorizzando l’apparenza, la chiacchiera, la forma. Lo spettacolo, appunto.

 

Oggi mi guardo intorno e ho l’impressione di non aver influito, di non aver cambiato niente, di aver remato controvento per quarant’anni. E basta.
Mi dicono che sono entrato nella Storia, che sono un monumento. Mi viene da ridere.
Come campione ho fallito la mia missione.
La Storia è un’altra cosa, e i monumenti, quando non fanno una brutta fine per motivi politici, di solito finiscono per essere poco più che arredo urbano, habitat per piccioni, o cose del genere.

La verità è che ho vinto qualche coppa, ho battuto molti record, ma non ho lasciato il segno, e il tempo si porterà via tutto, come una folata di vento in autunno spazza le foglie del parchetto sotto casa, dove adesso gioca a palla mio nipote.”
[Dino Zoff]

 

Amarcord: Roberto Pruzzo

 

E con il numero 7… Roberto Pruzzo. C’è stato un tempo in cui le squadre di calcio giocavano con le maglie rigorosamente numerate dalla 1 del portiere alla 11 della seconda punta. La 2 era del terzino destro, la 3 del terzino sinistro, la 4 del mediano, la 5 dello stopper (che marcava il centravanti avversario), la 6 del libero, la 7 dell’ala destra, la 8 della mezzala, la 9 del centravanti, la 10 del genio e la 11 del secondo attaccante o ala sinistra.

In quel calcio giocava il bomber per eccellenza della storia del football italiano: Roberto Pruzzo, cresciuto nel Genoa ed affermatosi nella Roma, con la quale vinse tre volte la classifica marcatori negli anni ’80.

Ovviamente lui era un centravanti e la sua maglia di appartenenza era la mitica numero 9. Ma in quella Roma, Pruzzo ebbe come allenatore Nils Liedholm, uno che faceva della scaramanzia uno dei suoi cavalli di battaglia. E così accadde che ad Avellino, il 19 dicembre del 1982, terz’ultima giornata del girone di andata del campionato 1982-83, che poi la Roma avrebbe vinto, Pruzzo scese in campo con un’insolita (per lui) maglia numero 7, con la 9 che venne indossata da Iorio (che invece alternava la 7 e la 11 con B.Conti).

La motivazione ufficiale di Liedholm fu che con questo stratagemma voleva allentare la pressione sul bomber, che non segnava da quasi un mese. E per convincerlo, prima della gara, gli disse anche: “Così diventerai ancora più forte”. Ma la realtà era un’altra: il famoso Mago Maggi di Busto Arsizio, del quale Liedholm si fidava ciecamente, gli aveva detto che quel giorno Pruzzo, per rendere al massimo, avrebbe dovuto mettere quel numero e non il suo abituale 9. Ma il bomber non strusciò un pallone, giocò malvolentieri con il 7 e la Roma pareggiò 1-1.

Dalla domenica dopo Pruzzo tornò a indossare il 9 e non lo tolse più per tutto il resto della sua carriera. La magia non aveva funzionato e anche Liedholm se ne era accorto.

 

Amarcord: Roberto Baggio

Roberto Baggio. Nato a Caldogno (in provincia di Vicenza) è stato un calciatore, attaccante di Fiorentina, Juventus (dove ha vinto nella stagione 94/95 lo scudetto e la Coppa Italia), Milan (scudetto 95/96), Bologna, Inter e Brescia, dove ha concluso la carriera nel campionato 2003/04 (la società, in suo onore, ha ritirato la maglia numero 10).

Il divin codino (il suo soprannome per via dell’acconciatura) è riconosciuto come uno dei più bravi calciatori della storia mondiale di questo sport, infatti nel 2004 Pelé l’ha inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 più grandi calciatori viventi.

Non ha mai vinto la classifica marcatori della serie A ma è settimo, con 205 reti in 452 partite, nella graduatoria dei cannonieri di tutti i tempi, preceduto solo da Piola, Nordahl, TottiMeazzaAltafini e Di Natale (che l’ha superato il 2 maggio 2015).

Nel 1993 ha vinto il Pallone d’oro, riconoscimento assegnato solo ad altri quattro calciatori italiani: Omar Sívori, Gianni RiveraPaolo Rossi e Fabio Cannavaro.

In Nazionale ha totalizzato 56 presenze e 27 gol, che lo posizionano al quarto posto tra i marcatori azzurri, a pari merito con un altro grande numero 10: Alessandro Del Piero. Altro primato in azzurro di Baggio è essere l’unico giocatore italiano ad aver segnato in tre Mondiali diversi (1990, 1994, 1998). Vice campione del mondo nel 1994, ha vinto il bronzo ai Mondiali di Italia ’90.

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